PARERI DAL SOTTOSUOLO - TRA DELIRI TELEVISIVI E DITTATURA DEL MENO PEGGIO
- politicamenteit
- 8 apr 2022
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"Preferisco che i bambini vivano in una dittatura piuttosto che muoiano sotto le bombe in una democrazia. Per quanto sia innamorato della civiltà liberale e abbia sempre promosso i valori del liberalismo, per me la vita umana, la vita dei bambini, è più importante della democrazia e della libertà, anche perché un bambino anche in una dittatura può essere felice, perché un bambino può vivere dell'amore della famiglia". Queste sono le parole dell'ormai famigerato Professor Alessandro Orsini, che hanno girato ovunque per i media nelle ultime ore, facendo discutere ed indignare. È evidente ad oggi che una certa parte dell'opinione pubblica ed intellettuale del nostro paese si sia ridotta, spinta dai molteplici crimini di guerra russi, a trattare e ritrattare tutto e il contrario di tutto, pur di uscire illesa dal maelstrom di oscenità in cui si è essa stessa cacciata. Che le continue proposte di resa incondizionata, di accettazione delle ragioni dell'assassino, di (in)spiegabile rigetto dei valori occidentali, in favore di un appeasement vigliacco, che farebbe rivoltare Churchill e non solo nella tomba, siano narrazioni estremamente in voga è chiaro. Tuttavia non vogliamo approfondire il declino inesorabile di questo "intellettualismo", quanto commentare e verificare l'affermazione secondo cui sia "meglio vivere in una dittatura che combattere per la libertà". Lo facciamo, come piace a noi, con i dati. Riferendoci ai risultati proposti da Our World in Data (fonte che vi consigliamo di curiosare), nel 2019 i paesi con un indice di democrazia liberale di almeno 0,7 hanno goduto di un'aspettativa di vita di almeno 70 anni; al contrario, tutti i paesi la cui aspettativa di vita era inferiore a 60 anni avevano un indice di democrazia liberale inferiore a 0,50. Uno studio condotto sulla democratizzazione dell'Africa subsahariana ha scoperto che quando le elezioni multipartitiche hanno prodotto un nuovo leader, la mortalità infantile è diminuita. Tuttavia, non si è verificata una tale riduzione della mortalità infantile nei paesi in cui il dittatore ha tenuto elezioni multipartitiche ed è rimasto al potere, o in cui il cambio di leadership è avvenuto in modo non democratico. In generale i dati mostrano che tanto più una nazione rispetta i requisiti di democraticità, tanto più la mortalità infantile rasenta lo zero. Proseguendo sul piano della salute molti problemi come disturbi cardiovascolari, ferite incidentali o dovute a violenze, squilibri neurologici, tubercolosi, cancro, disturbi materni e altre malattie non trasmissibili sono calati grazie alle spese sanitarie dovute ai sistemi democratici. Anche per quanto riguarda il tasso di scolarizzazione della popolazione tra i 15 e i 64 anni, così come il PIL pro capite, i numeri premiano i paesi con un indice di democrazia più alto. In particolare risulta che, in sistemi di competizione multipartitica, nasca una tendenza alla diminuzione delle tasse scolastiche, vi sia un aumento della spesa per l'istruzione e in generale delle iscrizioni alla scuola primaria e secondaria. La ricchezza e lo sviluppo tecnologico sono di gran lunga superiori nei contesti pluralisti. Infine (solo per questione di spazio), com'è ovvio che sia, nei paesi democratici l'individuo e i diritti umani sono di gran lunga più rispettati (prendendo in considerazione il "Punteggio dei diritti umani", che si concentra sulla protezione dell'integrità fisica dei cittadini. In particolare tiene conto della tortura, delle uccisioni governative, della detenzione politica, delle esecuzioni extragiudiziali, delle uccisioni di massa e delle sparizioni). Insomma, affermare che vivere in una dittatura sia in fin dei conti meglio che lottare per la libertà è falso, da qualunque punto la si guardi, persino in funzione della salvaguardia dei bambini (diamine, che qualcuno pensi ai bambini) di cui certi personaggi si riempiono la bocca con fare paternalistico, scegliendone il futuro al posto loro. Dire che tutto è uguale a tutto, parlare di meno peggio, l'uso della retorica "dell'anche tu" è scorretto scientificamente e intellettualmente disonesto. Perché, ricordiamolo sempre, se settant'anni fa milioni dei nostri padri non avessero scelto di sacrificare la propria vita e il proprio benessere in nome dei valori e dei diritti di cui godiamo ogni giorno, oggi questo articolo, questa pagina e l'intero dibattito libero probabilmente nemmeno esisterebbero e noi, che per loro rappresentavamo il futuro, oggi malediremmo una strada diversa da quella intrapresa. Quindi perché pretendere viscidamente che un'altra comunità non possa prendere autonomamente la sua decisione di combattere? Ad oggi questo sforzo ci viene chiesto nuovamente, sotto forma morale ed economica. Ora si deve fare una scelta che non ha solo a che vedere con le nostre radici ma con il nostro futuro; i principi riguardano ciò che vogliamo essere. Lì dove già la realtà ci chiede compromessi non possiamo permetterci di venire meno ai nostri valori. Non sarà barattando la libertà nostra e altrui per pavidità che guerra e sofferenza termineranno. Riprendendo le parole del Professor Parsi: “Chi siamo noi per arrogarci il diritto di dire “adesso basta”? È una cosa che non si può ascoltare, una bestemmia etica. La carta delle Nazioni Unite prevede il diritto all’autodifesa e il diritto degli altri paesi di soccorrere l’aggredito. L’autodifesa in caso di aggressione è un principio sacrosanto di civiltà giuridica, politica ed etica e non può essere messo in discussione da nessuno”. Ancora una volta l'invito è alla complessità, quella vera, non quella ipocrita, utilizzata per sfuggire dal dibattito e accantonata appena bisogna decidere come spartire abominevolmente il territorio di una nazione libera, pur di mantenere apparentemente candida la nostra coscienza.
Articolo di Gabriele Doria







Il mio commento non è a favore di Orsini che ritengo abbia detto una stupidaggine e non capisco perché Lei voglia assimilarmi al suo pensiero. Criticare gli Stati Uniti non significa necessariamente essere con Putin (che ripeto ritengo essere un dittatore e che stia commettendo dei crimini e che abbia sbagliato ad invadere una nazione sovrana) ma come riportano i fatti e molti commentatori, gli Stati Uniti hanno molte ed evidenti ragioni per tenerci vincolati alla loro politica ed economia, impedendoci dalla seconda guerra mondiale di diventare davvero una nazione forte economicamente e indipendente politicamente. Per anni, come ha riportato Soros alla CNN c'è stato un sostegno militare al partito neonazista e i media hanno ritenuto bene occuparsi di altro.…
D'accordo con tutto quello che scrive. Però bisogna aggiungere che l'Europa e in particolare l'Italia continua ad essere suddita degli Stati Uniti e questa non è vera libertà. Gli Usa hanno provocato all'inverosimile Putin alla guerra, sapendo che avrebbe agito così, e non ha fatto nulla per evitarla. Forse conviene criticare ampiamente di questa grave responsabilità degli USA, che ha sostenuto per anni il governo filonazista ucraino prima di invocare la legittimità all'autodifesa.